Ecco un'altro impianto di quelli finanziati nel 2002 che probabilmente non verrà mai fatto.
Articolo tratto da "Araberara" 10 gennaio 2003
Piccola storia degli impianti di risalita che potrebbero ripartire
Un contributo regionale rimette in moto i vecchi progetti
Era il 1956 e a Schilpario si guardò su verso Epolo Il contenzioso tra Amministrazione comunale e proprietà degli Impianti dura ormai da anni. E quando si passava davanti ai resti di quelli che erano i gloriosi impianti di risalita della conca di Epolo, non ci si lasciava andare nemmeno più al rimpianto. Poi a metà dicembre arriva una notizia che nessuno si aspettava. La Regione, per chissà quali misteriose vie politiche, concede un contributo di un milione e 734 mila euro (tre miliardi e molti rotti di vecchie lire) per costruire una seggiovia a quattro posti che sostituirebbe la vecchia bidonvia. Ma se gli impianti sono fermi da cinque anni e a voler guardare sostanzialmente dal lontano 1987! Ma se c’è in ballo addirittura un ricorso al Tar contro il Comune, in attesa di una ricomposizione bonaria ancora tutta da stabilire! Ma se si dice che Alfredo Piantoni, il proprietario degli impianti, non intenda muovere un metro di terra prima che gli concedano quello che lui dice gli spetti, vale a dire tot metri cubi di edificabilità! E allora, sarà vero che con quei soldi partiranno i lavori per costruire la nuova seggiovia? Bisogna dire che il finanziamento regionale è del 40% del totale, quindi fratelli Piantoni dovranno metterci un bel gruzzoletto (altri 4 miliardi e mezzo di vecchie lire). Ma non è certo quello il problema, il vero busillis è tornare a sedersi intorno a un tavolo con l’ex amico Claudio Agoni, sindaco di Schilpario a suo tempo eletto anche (soprattutto?) con i voti portati in dote proprio dalla famiglia Piantoni. Ma da anni comunicano evocando voci di avvocati e producendo documenti cartacei che hanno fatto la fortuna delle cartiere lombarde.
* * *
Eppure dietro questa piccola storia attuale, che ha il respiro corto di una bega quasi personale, ci sta la grande storia della stazione sciistica di Schilpario. Sembra preistoria eppure è roba di cinquant’anni fa. L’impianto Schilpario-Epolo fu un’idea del Direttore del Consorzio Minerario Barisella, Ing. Andrea Bonicelli, naturalmente d’accordo con il Comune di Schilpario dove cominciava la sua lunghissima esperienza di Sindaco (morirà in carica nel 1994, 38 anni da sindaco) il Maestro Mario Maj. Settembre 1956: Mario Maj è stato appena eletto, a soli 26 anni quando il 26 settembre indice una riunione con tutti gli esercenti del paese e lancia l’idea con l’Ing. Bonicelli. Viene immediatamente, nella stessa seduta, nominato un Comitato coordinatore che chiede preventivi (alla ditta Antonio Badoni di Lecco si chiede perfino un preventivo per un’ipotetica seggiovia ai Campelli; alla ditta Cita - Costruzioni Impianti Trasporti Alpini - di Milano e alla ditta Fratelli Marchisio di Torino), predispone lo statuto, cerca soci sostenitori. Ma l’avvio bruciante subisce rallentamenti: smuovere le diffidenze è difficile. Passano tre anni. Ma il 17 settembre 1959 viene costituita la “SPA SEGGIOSCIOVIE DI SCHILPARIO S.S.S.” con atto notarile presso il Dr. Luigi Giani di Nerviano (Milano). La sede viene posta a Varese in quanto la maggior parte dei soci è costituita da medici varesini. Capitale sociale £ 10 milioni, valore nominale per singola azione £ 1000. Pochi mesi dopo, il 14 febbraio 1960 il Consiglio comunale di Schilpario esamina la prima domanda della Società per la costruzione dell’impianto. Il 20 marzo successivo ancora il Consiglio comunale, in riunione straordinaria, all’unanimità approva il progetto redatto dalla società Fratelli Marchisio di Torino e firmato dal Dr. Ing. Lello Prudenza, dichiarando l’opera di pubblica utilità. Il 15 maggio la ditta fa richiesta di concessione per la costruzione e l’esercizio dell’attività per una durata quarantennale. E il 4 ottobre del 1960 l’impianto è terminato, tanto che entra in funzione già in dicembre, dopo aver ricevuto il certificato di idoneità il 21 dicembre da una Commissione dell’Ispettorato Generale della Motorizzazione Civile, che ha effettuato una visita di ricognizione dell’impianto. Sono anni ruggenti, gli anni del boom economico, ma niente a che vedere con l’esplosione della moda dello sci. Anche nei paesi della valle gli “attrezzi” li fabbrica ancora il falegname del posto e devono andar bene per il fondo e la discesa. Fatto sta che sette anni dopo la società “SPA SEGGIOSCIOVIE DI SCHILPARIO S.S.S.” viene messa in liquidazione e presenta alla Cancelleria del Tribunale di Varese il bilancio finale di liquidazione il 27 dicembre 1967. L’anno dopo la proprietà della Seggiovia viene rilevata dalla FUNIVIE SCIOVIE SCHILPARIO SRL con sede nel paese scalvino in via Torri (successivamente la sede legale si trasferirà a Bergamo in via Papa Giovanni XXIII, 30). I proprietari sono i fratelli Mancini di Schilpario. La società potenzia l’originaria seggiovia con nuovi skilift nella zona di partenza e anche nella valle di Epolo.
* * *
Passano gli anni, Schilpario è tra le capitali dello sci alpino e non solo della provincia. Come sempre agli anni delle vacche grasse subentrano quelli delle magre. Altre stazioni sciistiche nascono poco lontano e nascono con attrezzature al passo con le nuove esigenze. Gli sciatori che hanno provato comprensori sciistici di ben altra portata, non si adattano più ai percorsi brevi e ripetitivi. Bisognerebbe ampliare il comprensorio, scavalcare le montagne e… Mentre si pensa passa il tempo, cala l’utenza: a cavallo tra il 1987 e il 1988 la società attraversa difficoltà gestionali ed economiche che portano alla chiusura degli impianti. Parte una trattativa estenuante tra il Comune e la società per l’acquisizione delle strutture. Ci sono due delibere illuminanti: quella del 15 maggio 1987 e quella del 7 luglio 1988 in cui il Consiglio comunale esprime parere favorevole all’acquisto della FUNIVIE E SCIOVIE SCHILPARIO SRL nominando una commissione (composta dal sindaco Mario Maj, da Claudio Agoni e Gianmario Bendotti). La commissione incarica il dott. Claudio Costenaro di Bergamo di predisporre l’iter burocratico per varare una società pubblica di gestione e il geom. Luciano Spada per una perizia asseverata sui valori dei terreni della società L’acquisto non verrà mai portato a termine per contrasti sulla valutazione dei beni, per difficoltà burocratiche e forse anche per una non fortissima volontà politica. L’11 gennaio 1994 la società FUNIVIE E SCIOVIE DI SCHILPARIO SRL viene acquisita dalla COSEPI SRL con sede in Dezzo di Scalve, che immediatamente presenta un programma di rilancio impiantistico nella valle di Epolo chiedendo in contropartita alcune migliaia di metri cubi da realizzarsi nella zona di partenza degli impianti e nella valle di Epolo. Poi entra in ballo anche un’edificabilità alla “Castagna”, all’ingresso del paese. Ma nel 1997 la Regione boccerà quella parte del Piano Regolatore e si tornerà in alto mare. Alfredo Piantoni entrerà direttamente in Consiglio comunale, anzi, in Giunta, ma la situazione non si sbloccherà e lui terrà fermi gli impianti, tra trattative, spaccature, riconciliazioni, fratture. Il 13 marzo 1998 il Consiglio comunale di Schilpario delibera di entrare a far parte della società di gestione degli impianti, acquisendo il 30% del capitale della società per un importo di 9 milioni di lire. Ma non si farà più un solo passo avanti. La morale è che sostanzialmente è dal 1987 che la seggiovia di Schilpario è inattiva. Il contributo concesso ora dalla Regione può avere doppia valenza: pressione politica (il sindaco fa riferimento a Forza Italia) per trovare l’accordo più volte annunciato come fatto negli ultimi mesi. Oppure l’ennesimo buco nella neve. Tutto ruota intorno a quella benedetta- maledetta volumetria edificatoria che andrebbe a “compensare” gli investimenti nel settore impiantistico. Se il contributo regionale va a compensare quella volumetria la situazione si sblocca. Altrimenti si torna a trattare su quanti metri cubi la società potrà costruire e dove per fare investimenti (60%) sulla seggiovia. Un modo talmente obsoleto di fare scelte imprenditoriali e amministrative che potrebbe perfino… rifunzionare. Sul quando e per quanto si può aprire un bel giro (illegale) di scommesse.
Articolo tratto da "Araberara" 24 gennaio 2003
Schilpario: incontro interlocutorio tra la proprietà degli Impianti e una Commissione comunale
La proprietà vorrebbe la partecipazione del Comune alla spesa per una quota del 30%
Impianti? Se il Comune ci mette i soldi…
Dopo la concessione del contributo regionale alla Co.se.pi., proprietaria degli impianti di Schilpario di 1 milione e 734 mila euro (3 miliardi e 357 milioni di lire, il 40% della spesa prevista) per una nuova seggiovia a quattro posti che porti a Epolo (vedi Araberara del 10 gennaio scorso - pag. 19), ci si aspettava un’accelerazione nelle prospettive di riapertura degli stessi. L’apposita commissione comunale, da tempo inattiva, ha avuto una botta di adrenalina e ha incontrato subito Alfredo Piantoni, titolare della Co.se.pi. la società proprietaria degli impianti, per fare il punto della situazione. La quale starebbe in questi termini. L’Amministrazione comunale voleva capire come si sarebbe mossa la proprietà. Infatti ormai il Comune di Schilpario non ha più la benché minima quota nella Società creata per la gestione degli impianti (aveva il 30%, ma a sorta di aumenti di capitale non sottoscritti dall’Amministrazione, la sua quota si è azzerata, perdendo in sostanza i 9 milioni di lire a suo tempo investiti). Quindi il Comune agisce come interlocutore istituzionale, è fuori dalla proprietà e anche dalla gestione futura, non certo quindi un “socio” da consultare. Alfredo Piantoni ha fatto in modo da escluderlo negli anni scorsi, quando volavano scintille tra lui e gli ex amici dell’amministrazione, dalla società di gestione. Ma adesso che ha ricevuto (nominalmente) il contributo regionale, propone al Comune di rientrare dalla porta principale. Come? Vediamo. In quella sua veste istituzionale il Comune è tenuto (sarà tenuto) a valutare il progetto esecutivo dei nuovi impianti (intanto per la domanda in Regione c’è un vago progetto di massima, giusto l’occorrente per presentare la richiesta di contributo). Ma Alfredo Piantoni nella riunione che si è tenuta nei giorni scorsi ha rilanciato, proponendo alla Commissione (di cui fanno parte anche il Sindaco e lo stesso Presidente della Comunità Montana, nella veste di consigliere di maggioranza, tuttavia assente in quell’incontro) che l’Amministrazione Comunale si addossi la metà del 60% di spesa che resta da finanziare, mentre l’altra metà (sempre di quel 60%) lo metterebbe la proprietà, cioè la Co.se.pi. (riassumiamo: la Regione ha concesso un contributo pari al 40% del totale, resta il 60% da finanziare, il Comune dovrebbe quindi metterci il 30% del totale, due miliardi e molti rotti). Ma perché dovrebbe farlo? Ma perché la Co.se.pi. realizzi l’impianto. E perché la Co.se.pi. ha ora interesse ad accogliere il figliol prodigo Comune addirittura nella proprietà (visto che parteciperebbe al 30% della spesa per la costruzione del nuovo impianto)?. Non si può entrare nella testa dei proponenti. Probabilmente per spianare la strada alle vecchie mire immobiliari che erano state la vera ragione del contendere tra la Co.se.pi. e il Comune. La Commissione ha comunque preso tempo. Vorrebbe vedere prima un progetto più realistico. Poi si dovrà chiedere come potrà produrre, non diciamo utili, ma almeno perdite modeste la società che gestirà gli impianti, studiando il come far arrivare e scaricare, nella migliore delle ipotesi, migliaia di sciatori nella Conca di Epolo. E quando sono lì, quali sono le prospettive? E se mai ci fossero, chi le finanzierà? Ma la vera domanda sembra essere: quanti metri cubi di edificabilità prevede quel progetto fantasma nella zona di partenza degli impianti (o in altri luoghi) sempre a eventuale “compenso” degli investimenti? Come dicevamo sullo scorso numero il fatto che un imprenditore voglia coinvolgere nel “rischio” di capitale l’ente pubblico, anzi, gli scarichi in pratica il 70% del totale (tra Regione e Comune) rischiando il 30% del suo (con l’ulteriore vantaggio di avere come fedele scudiero l’alleato pubblico al momento delle richieste edificatorie) è così allettante e stupefacente che potrebbe (ripetiamo) perfino rifunzionare. In fondo nessuna rivista scientifica ha annunciato che la “specie” benemerita e pregiata dei “gonzi” sia estinta
Piccola storia degli impianti di risalita che potrebbero ripartire
Un contributo regionale rimette in moto i vecchi progetti
Era il 1956 e a Schilpario si guardò su verso Epolo Il contenzioso tra Amministrazione comunale e proprietà degli Impianti dura ormai da anni. E quando si passava davanti ai resti di quelli che erano i gloriosi impianti di risalita della conca di Epolo, non ci si lasciava andare nemmeno più al rimpianto. Poi a metà dicembre arriva una notizia che nessuno si aspettava. La Regione, per chissà quali misteriose vie politiche, concede un contributo di un milione e 734 mila euro (tre miliardi e molti rotti di vecchie lire) per costruire una seggiovia a quattro posti che sostituirebbe la vecchia bidonvia. Ma se gli impianti sono fermi da cinque anni e a voler guardare sostanzialmente dal lontano 1987! Ma se c’è in ballo addirittura un ricorso al Tar contro il Comune, in attesa di una ricomposizione bonaria ancora tutta da stabilire! Ma se si dice che Alfredo Piantoni, il proprietario degli impianti, non intenda muovere un metro di terra prima che gli concedano quello che lui dice gli spetti, vale a dire tot metri cubi di edificabilità! E allora, sarà vero che con quei soldi partiranno i lavori per costruire la nuova seggiovia? Bisogna dire che il finanziamento regionale è del 40% del totale, quindi fratelli Piantoni dovranno metterci un bel gruzzoletto (altri 4 miliardi e mezzo di vecchie lire). Ma non è certo quello il problema, il vero busillis è tornare a sedersi intorno a un tavolo con l’ex amico Claudio Agoni, sindaco di Schilpario a suo tempo eletto anche (soprattutto?) con i voti portati in dote proprio dalla famiglia Piantoni. Ma da anni comunicano evocando voci di avvocati e producendo documenti cartacei che hanno fatto la fortuna delle cartiere lombarde.
* * *
Eppure dietro questa piccola storia attuale, che ha il respiro corto di una bega quasi personale, ci sta la grande storia della stazione sciistica di Schilpario. Sembra preistoria eppure è roba di cinquant’anni fa. L’impianto Schilpario-Epolo fu un’idea del Direttore del Consorzio Minerario Barisella, Ing. Andrea Bonicelli, naturalmente d’accordo con il Comune di Schilpario dove cominciava la sua lunghissima esperienza di Sindaco (morirà in carica nel 1994, 38 anni da sindaco) il Maestro Mario Maj. Settembre 1956: Mario Maj è stato appena eletto, a soli 26 anni quando il 26 settembre indice una riunione con tutti gli esercenti del paese e lancia l’idea con l’Ing. Bonicelli. Viene immediatamente, nella stessa seduta, nominato un Comitato coordinatore che chiede preventivi (alla ditta Antonio Badoni di Lecco si chiede perfino un preventivo per un’ipotetica seggiovia ai Campelli; alla ditta Cita - Costruzioni Impianti Trasporti Alpini - di Milano e alla ditta Fratelli Marchisio di Torino), predispone lo statuto, cerca soci sostenitori. Ma l’avvio bruciante subisce rallentamenti: smuovere le diffidenze è difficile. Passano tre anni. Ma il 17 settembre 1959 viene costituita la “SPA SEGGIOSCIOVIE DI SCHILPARIO S.S.S.” con atto notarile presso il Dr. Luigi Giani di Nerviano (Milano). La sede viene posta a Varese in quanto la maggior parte dei soci è costituita da medici varesini. Capitale sociale £ 10 milioni, valore nominale per singola azione £ 1000. Pochi mesi dopo, il 14 febbraio 1960 il Consiglio comunale di Schilpario esamina la prima domanda della Società per la costruzione dell’impianto. Il 20 marzo successivo ancora il Consiglio comunale, in riunione straordinaria, all’unanimità approva il progetto redatto dalla società Fratelli Marchisio di Torino e firmato dal Dr. Ing. Lello Prudenza, dichiarando l’opera di pubblica utilità. Il 15 maggio la ditta fa richiesta di concessione per la costruzione e l’esercizio dell’attività per una durata quarantennale. E il 4 ottobre del 1960 l’impianto è terminato, tanto che entra in funzione già in dicembre, dopo aver ricevuto il certificato di idoneità il 21 dicembre da una Commissione dell’Ispettorato Generale della Motorizzazione Civile, che ha effettuato una visita di ricognizione dell’impianto. Sono anni ruggenti, gli anni del boom economico, ma niente a che vedere con l’esplosione della moda dello sci. Anche nei paesi della valle gli “attrezzi” li fabbrica ancora il falegname del posto e devono andar bene per il fondo e la discesa. Fatto sta che sette anni dopo la società “SPA SEGGIOSCIOVIE DI SCHILPARIO S.S.S.” viene messa in liquidazione e presenta alla Cancelleria del Tribunale di Varese il bilancio finale di liquidazione il 27 dicembre 1967. L’anno dopo la proprietà della Seggiovia viene rilevata dalla FUNIVIE SCIOVIE SCHILPARIO SRL con sede nel paese scalvino in via Torri (successivamente la sede legale si trasferirà a Bergamo in via Papa Giovanni XXIII, 30). I proprietari sono i fratelli Mancini di Schilpario. La società potenzia l’originaria seggiovia con nuovi skilift nella zona di partenza e anche nella valle di Epolo.
* * *
Passano gli anni, Schilpario è tra le capitali dello sci alpino e non solo della provincia. Come sempre agli anni delle vacche grasse subentrano quelli delle magre. Altre stazioni sciistiche nascono poco lontano e nascono con attrezzature al passo con le nuove esigenze. Gli sciatori che hanno provato comprensori sciistici di ben altra portata, non si adattano più ai percorsi brevi e ripetitivi. Bisognerebbe ampliare il comprensorio, scavalcare le montagne e… Mentre si pensa passa il tempo, cala l’utenza: a cavallo tra il 1987 e il 1988 la società attraversa difficoltà gestionali ed economiche che portano alla chiusura degli impianti. Parte una trattativa estenuante tra il Comune e la società per l’acquisizione delle strutture. Ci sono due delibere illuminanti: quella del 15 maggio 1987 e quella del 7 luglio 1988 in cui il Consiglio comunale esprime parere favorevole all’acquisto della FUNIVIE E SCIOVIE SCHILPARIO SRL nominando una commissione (composta dal sindaco Mario Maj, da Claudio Agoni e Gianmario Bendotti). La commissione incarica il dott. Claudio Costenaro di Bergamo di predisporre l’iter burocratico per varare una società pubblica di gestione e il geom. Luciano Spada per una perizia asseverata sui valori dei terreni della società L’acquisto non verrà mai portato a termine per contrasti sulla valutazione dei beni, per difficoltà burocratiche e forse anche per una non fortissima volontà politica. L’11 gennaio 1994 la società FUNIVIE E SCIOVIE DI SCHILPARIO SRL viene acquisita dalla COSEPI SRL con sede in Dezzo di Scalve, che immediatamente presenta un programma di rilancio impiantistico nella valle di Epolo chiedendo in contropartita alcune migliaia di metri cubi da realizzarsi nella zona di partenza degli impianti e nella valle di Epolo. Poi entra in ballo anche un’edificabilità alla “Castagna”, all’ingresso del paese. Ma nel 1997 la Regione boccerà quella parte del Piano Regolatore e si tornerà in alto mare. Alfredo Piantoni entrerà direttamente in Consiglio comunale, anzi, in Giunta, ma la situazione non si sbloccherà e lui terrà fermi gli impianti, tra trattative, spaccature, riconciliazioni, fratture. Il 13 marzo 1998 il Consiglio comunale di Schilpario delibera di entrare a far parte della società di gestione degli impianti, acquisendo il 30% del capitale della società per un importo di 9 milioni di lire. Ma non si farà più un solo passo avanti. La morale è che sostanzialmente è dal 1987 che la seggiovia di Schilpario è inattiva. Il contributo concesso ora dalla Regione può avere doppia valenza: pressione politica (il sindaco fa riferimento a Forza Italia) per trovare l’accordo più volte annunciato come fatto negli ultimi mesi. Oppure l’ennesimo buco nella neve. Tutto ruota intorno a quella benedetta- maledetta volumetria edificatoria che andrebbe a “compensare” gli investimenti nel settore impiantistico. Se il contributo regionale va a compensare quella volumetria la situazione si sblocca. Altrimenti si torna a trattare su quanti metri cubi la società potrà costruire e dove per fare investimenti (60%) sulla seggiovia. Un modo talmente obsoleto di fare scelte imprenditoriali e amministrative che potrebbe perfino… rifunzionare. Sul quando e per quanto si può aprire un bel giro (illegale) di scommesse.
Articolo tratto da "Araberara" 24 gennaio 2003
Schilpario: incontro interlocutorio tra la proprietà degli Impianti e una Commissione comunale
La proprietà vorrebbe la partecipazione del Comune alla spesa per una quota del 30%
Impianti? Se il Comune ci mette i soldi…
Dopo la concessione del contributo regionale alla Co.se.pi., proprietaria degli impianti di Schilpario di 1 milione e 734 mila euro (3 miliardi e 357 milioni di lire, il 40% della spesa prevista) per una nuova seggiovia a quattro posti che porti a Epolo (vedi Araberara del 10 gennaio scorso - pag. 19), ci si aspettava un’accelerazione nelle prospettive di riapertura degli stessi. L’apposita commissione comunale, da tempo inattiva, ha avuto una botta di adrenalina e ha incontrato subito Alfredo Piantoni, titolare della Co.se.pi. la società proprietaria degli impianti, per fare il punto della situazione. La quale starebbe in questi termini. L’Amministrazione comunale voleva capire come si sarebbe mossa la proprietà. Infatti ormai il Comune di Schilpario non ha più la benché minima quota nella Società creata per la gestione degli impianti (aveva il 30%, ma a sorta di aumenti di capitale non sottoscritti dall’Amministrazione, la sua quota si è azzerata, perdendo in sostanza i 9 milioni di lire a suo tempo investiti). Quindi il Comune agisce come interlocutore istituzionale, è fuori dalla proprietà e anche dalla gestione futura, non certo quindi un “socio” da consultare. Alfredo Piantoni ha fatto in modo da escluderlo negli anni scorsi, quando volavano scintille tra lui e gli ex amici dell’amministrazione, dalla società di gestione. Ma adesso che ha ricevuto (nominalmente) il contributo regionale, propone al Comune di rientrare dalla porta principale. Come? Vediamo. In quella sua veste istituzionale il Comune è tenuto (sarà tenuto) a valutare il progetto esecutivo dei nuovi impianti (intanto per la domanda in Regione c’è un vago progetto di massima, giusto l’occorrente per presentare la richiesta di contributo). Ma Alfredo Piantoni nella riunione che si è tenuta nei giorni scorsi ha rilanciato, proponendo alla Commissione (di cui fanno parte anche il Sindaco e lo stesso Presidente della Comunità Montana, nella veste di consigliere di maggioranza, tuttavia assente in quell’incontro) che l’Amministrazione Comunale si addossi la metà del 60% di spesa che resta da finanziare, mentre l’altra metà (sempre di quel 60%) lo metterebbe la proprietà, cioè la Co.se.pi. (riassumiamo: la Regione ha concesso un contributo pari al 40% del totale, resta il 60% da finanziare, il Comune dovrebbe quindi metterci il 30% del totale, due miliardi e molti rotti). Ma perché dovrebbe farlo? Ma perché la Co.se.pi. realizzi l’impianto. E perché la Co.se.pi. ha ora interesse ad accogliere il figliol prodigo Comune addirittura nella proprietà (visto che parteciperebbe al 30% della spesa per la costruzione del nuovo impianto)?. Non si può entrare nella testa dei proponenti. Probabilmente per spianare la strada alle vecchie mire immobiliari che erano state la vera ragione del contendere tra la Co.se.pi. e il Comune. La Commissione ha comunque preso tempo. Vorrebbe vedere prima un progetto più realistico. Poi si dovrà chiedere come potrà produrre, non diciamo utili, ma almeno perdite modeste la società che gestirà gli impianti, studiando il come far arrivare e scaricare, nella migliore delle ipotesi, migliaia di sciatori nella Conca di Epolo. E quando sono lì, quali sono le prospettive? E se mai ci fossero, chi le finanzierà? Ma la vera domanda sembra essere: quanti metri cubi di edificabilità prevede quel progetto fantasma nella zona di partenza degli impianti (o in altri luoghi) sempre a eventuale “compenso” degli investimenti? Come dicevamo sullo scorso numero il fatto che un imprenditore voglia coinvolgere nel “rischio” di capitale l’ente pubblico, anzi, gli scarichi in pratica il 70% del totale (tra Regione e Comune) rischiando il 30% del suo (con l’ulteriore vantaggio di avere come fedele scudiero l’alleato pubblico al momento delle richieste edificatorie) è così allettante e stupefacente che potrebbe (ripetiamo) perfino rifunzionare. In fondo nessuna rivista scientifica ha annunciato che la “specie” benemerita e pregiata dei “gonzi” sia estinta
Comment